Silp Cgil, Expo2015: “Padiglioni stranieri a rischio, nessun controllo su aziende mafiose (fonte Il Fatto Quotidiano 21 marzo 2014)

 

Expo2015: “Padiglioni stranieri a rischio, nessun controllo su aziende mafiose”

La denuncia del sindacato di polizia Silp e della Cgil: dalla Cina agli Usa, ogni Paese può affidare il lavori per il proprio spazio espositivo con contratti privati, fuori dai protocolli di legalità previsti per l'evento. Intanto la Direzione investigativa antimafia subisce tagli.

La torta degli investimenti stranieri nei padiglioni di Expo vale in totale 1,3 miliardi di euro. La Cina investirà 50 milioni, gli Stati Uniti e la Germania 40, la Russia 33, giusto per fare i nomi dei Paesi più importanti. Un piatto che fa gola. Peccato che le armi della Direzione investigativa antimafia per evitare che siano le aziende mafiose a metterci le mani siano spuntate. “I lavori dei padiglioni stranieri (a parte le fondamenta) saranno direttamente realizzati dai Paesi e quindi con contrattualistica di regime privato e non pubblico. Ci si chiede se sarà possibile effettuare i controlli antimafia, visto il regime civilistico”, spiega Daniele Tissone del Silp Cgil. Morale: il protocollo di legalità stipulato da Regione Lombardia, Comune di Milano ed Expo spa non può essere imposto ai Paesi stranieri. Perché è come se fossero dei privati: le regole per un appalto sono totalmente diverse rispetto al pubblico.

Non solo gli appalti di Expo finiscono nel mirino della Procura di Milano, nell’inchiesta che ha portato in carcere l’ex ad di Infrastrutture lombarde Antonio Giulio Rognoni. Il motto “Expo mafia free” tanto ripetuto dal governatore leghista Roberto Maroni e dal ministro dell’Interno Angelino Alfano non vale per i padiglioni stranieri. Senza controlli, il rischio concreto è che nei padiglioni stranieri finiscano a lavorare aziende controllate dalla mafia. “Il Paese committente potrebbe sbagliare clamorosamente, senza sapere chi si porta nel cantiere. Dubito infatti che la maggior parte degli appalti vengano affidati fuori dall’Italia”, commenta Antonio Lareno, responsabile di Expo per conto della Cgil. Ogni Paese ha le sue regole per affidare gli appalti. E soprattutto nessuno deve presentare la certificazione antimafia, documento che esiste solo in Italia. Scelgono le aziende come se fossero un privato.

Come si possono evitare infiltrazioni? Solo aumentando gli strumenti di intelligence nelle mani della Dia, secondo gli investigatori. Prima di tutto, potenziando l’accesso alle banche dati. Al contrario, gli agenti della centrale operativa di Milano lamentano una riduzione degli operatori che hanno a disposizione le credenziali per poter accedere alle banche dati e un taglio del monte ore per gli straordinari. “Gli operatori del settore appalti non hanno neanche una linea internet a disposizione e sono costretti ad utilizzare strumenti personali per ricerche con fonti aperte”, aggiunge Tissone. Sullo sfondo, la cancellazione della Dia di Malpensa. Gli agenti della Direzione investigativa antimafia chiedono da gennaio la riapertura del centro che sta nel più grande aeroporto lombardo. A questo si dovrebbe aggiungere un altro presidio a Brescia. Finora solo promesse del Viminale, a cui non seguono i fatti, però.

Dal canto suo, Expo spa non ha ancora deciso che strada intraprendere per la gestione degli appalti dei Paesi stranieri ad Expo. Per Antonio Lareno si dovrebbe “richiamare nel patto che sottoscrivono i Paesi partecipanti la filosofia del protocollo di legalità e imporre questo documento attraverso linee guida da adottare all’interno dei cantieri”. Il problema è che finora non si conoscono nemmeno i nomi delle aziende che lavoreranno nei padiglioni stranieri, tanto è il ritardo nella realizzazione delle opere. E più passa il tempo, più si dovrà correre, con poca cura dei controlli.

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