Il profilo “democratico” della polizia

 

Editoriale di Daniele Tissone Segretario Generale SILP CGIL 20 Aprile 2015

Le polemiche relative al post dell’agente Fabio Tortosa, che su Facebook ha rivendicato il blitz alla Diaz durante il G8 nel 2001. Post per il quale, ha annunciato il capo della Polizia Alessandro Pansa, Tortosa è stato sospeso dalla Polizia, presagisce il ritorno dello spettro di quanto avvenuto quattrodici anni fa a Genova?

Tissone, quale deve essere il profilo “democratico” della polizia in un Paese democratico come il nostro?
La questione e' di come si promuove un sentimento profondo di dignità della funzione che si esercita in uno Stato democratico. Non dimentichiamo che il nostro Paese ha fatto sua la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In uno Stato democratico la polizia è sempre al servizio per l’affermazione e la protezione dei valori fondamentali dell’ordinamento. Essa rende esigibile un diritto di rilievo costituzionale che è la sicurezza che diventa la funzione per esercitare questo potere discrezionale incardinato nell’ordinamento. Tali implicazioni sono sotto gli occhi di tutti in quanto che, da noi, la sicurezza è un bene pubblico di cui lo Stato detiene il monopolio,  non può quindi esserci mai una via privata alla sicurezza personale poiché è lo Stato che detiene tale esclusività. In uno Stato democratico quale il nostro, la polizia è un servizio, il che significa che non ha in sé il suo particolare scopo; la Polizia è un’istituzione di garanzia: per questo, quando ci sono delle devianze o degli eccessi, esse sono ancora più gravi. In uno Stato democratico, la polizia, quindi, è un servizio che va valutato per i valori, i comportamenti e i risultati”.
Tissone, come  scongiurare, allora, episodi come quello avvenuto a Genova durante il G8?
Il ‘come’ attiene al modello organizzativo e al modello gestionale che deve sempre essere coerente con gli scopi di servizio. La polizia è un servizio che tutela beni materiali e immateriali,  la fruizione dei diritti che la Repubblica riconosce al cittadino si instaura in un quadro di diritti e di doveri. Quando c’è una devianza nel comportamento della polizia ci si confrontA sempre con l’agire e il modello organizzativo esistente.  Per questo i fatti di Genova del G8 del 2001 assurgono a responsabilità individuali e con conseguenze attinenti ad un fallimento di un modello gestionale e organizzativo senza dimenticare, però, la ricerca delle responsabilità politiche di quel periodo. Tutto questo va sempre ricordato se si vuole prevenire il ripetersi di questi episodi, necessita, allo stato, anche una riflessione seria anche sul modello organizzativo e gestionale generale.
Quanto è importante e può incidere la formazione in questo campo?
“serve una formazione continua di tutto il personale dai funzionari agli agenti per avere un orientamento capace di individuare un modello formativo permanente appropriato che va seguito con con coerenza."
Tortosa è un caso isolato?
In ogni ambito e, soprattutto, nelle organizzazioni militari o militarmente organizzate, vi è il rischio del formarsi di subculture, permane quindi un senso comune di frustrazione che può rivelarsi pericoloso. In questo senso il tema della formazione e dell’identità del poliziotto e non solo di esso è stato, nel tempo, un argomento ampiamente sottovalutato dagli apparati come dalla politica. Come SILP CGIL abbiamo più  volte sottolineato questo problema promuovendo una serie di iniziative che ponessero alla luce la necessità di evidenziare le "condizioni di vita e di lavoro delle donne e degli uomini in divisa" oggi sottoposti ad una serie di disagi e difficoltà che riguardano le continue e incessanti emergenze del Paese che, spesso, sono fonte di disagi e di sopportazioni portate spesso ai limiti del disagio.
Su tale versante, registriamo, ancora oggi, una indifferenza da parte della politica. Un esempio tra tutti il reclutamento degli agenti di polizia che un tempo avveniva dalla società civile con il conseguente processo formativo del sistema di polizia, oggi non è più così da almeno quindici anni visto che una parte importante del personale entra in polizia dopo aver fatto un’esperienza di tre/sei anni in un corpo militare, spesso in luoghi segnati da vere e proprie guerre.
La politica, che ha generato tutto questo, dovrebbe pertanto operare una riflessione in tal senso considerato che questi uomini e queste donne, oggi nelle forze dell'ordine, hanno ricevuto un imprinting di tipo militare. Entrar in un contesto di tipo civile e ristrutturare le loro identità non è cosa facile. Tutto questo comporta, anche, una maggiore difficoltà gestionale volta a contenere l’aggressività e le subculture che inevitabilmente si formano, come certi episodi di uso sproporzionato della forza e di una violenza arbitraria. Un simile problema esiste ed è oggi risolvibile solamente attraverso una formazione attenta e con un modello organizzativo competente e accurato. L'assenza di una visione politica illuminata e di un allargamento della cultura della società civile sul tema costituisce, purtroppo, il limite di un tale problema.

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