... e le "stelle" non stanno a guardare.

Editoriale di Daniele Tissone Segretario Generale SILP CGIL

 

Lo Stato Maggiore della Difesa ha di recente intrapreso un percorso di riforme volto ad individuare le future priorità delle forze armate in termini di riorganizzazione nonche' di reperimento delle risorse utili alla sua sopravvivenza interna.

Il “Libro Bianco Difesa” approvato dal Consiglio Supremo di Difesa costituisce, pertanto, il tentativo di disegnare una fisionomia ad un modello di difesa da adattare per le esigenze del Paese.

Pur senza entrare nel merito di un simile progetto non si puo non rilevare come un simile sforzo, a prescindere dalla diversità delle problematiche dei due comparti costituisca, nel bene o nel male, una sorta di segnale di dinamismo oggi del tutto assente nel mondo della sola sicurezza.

Non solo, attraverso gli inaccettabili progetti di rimodulazione dei presidi, anziche rispondere alle sfide concernenti l'efficientemento, la riduzione di sprechi e di sovrapposizioni si "ridisegna" un apparato che, a causa del pesante dimagrimento impostoci dal governo, ridurrà uffici e presenza sul territorio senza, peraltro, incidere significativamente sulla spesa corrente.

Parimenti, dalla recente proposta tesa a far confluire il Cfs all'interno della Polizia non deriveranno risparmi ma, solamente, deprofessionalizzazione e disagi di varia natura il cui prezzo, anche in questo caso, sara' pagato dai cittadini e dagli operatori.

Ciononostante si rifinanzia l'operazione "strade sicure" con milioni di euro che verrebbero meglio impiegati se fatti confluire nelle casse delle singole amministrazioni magari con scopi di prevenzione e di controllo "reale" del territorio.

Interventi straordinari che non risolvono le questioni rimandando i problemi di sempre contribuendo ad aggravare il "paziente sicurezza" perche' mai si discute competentemente sul tipo e sulla qualità del modello che abbiamo intenzione di mettere in campo alla luce dei molteplici e rapidi cambiamenti che ci si presentano.

La riflessione che noi del Silp Cgil ci poniamo al riguardo e' sempre la stessa, a quale modello di sicurezza si sta pensando per il futuro benessere del nostro Paese?

L'attualita dei fatti con quanto sta avvenendo nel nostro Paese come nel resto del mondo ci spinge a chiederci perché, finora, non siamo stati in grado di fornire una risposta ad un tale importante interrogativo.

Affermare oggi che, dal varo della legge di riforma del 1981, non si e' fatto alcun passo in avanti rispetto alla creazione di un "moderno sistema di sicurezza per il Paese" e' una verità inconfutabile che non va più nascosta al Paese.

I tanti, troppi tagli che hanno riguardato la sicurezza in termini di riduzione del turn over, l'elevata età media degli operatori, la diminuzione del budget afferente ai capitoli di spesa di gestione delle amministrazioni, la costante diminuzione dei presidi di legalità sul territorio, il blocco stipendiale che perdura da cinque anni e quello riguardante il tetto salariale, durato ben tre lunghi anni, sono solo alcuni degli aspetti del problema.

Un problema che riguarda tutti considerato che la sicurezza è un bene comune primario che va assicurato con i necessari investimenti; per noi del Silp Cgil investire in sicurezza come in legalità e' una priorità strategica per il benessere di un Paese quale il nostro dove criminalità organizzata, corruzione e malaffare avvolgono in una spirale mortale politica, economia e persone frenando sviluppo e crescita.

Una tale indifferenza verso le problematiche del comparto sicurezza e, più in generale, verso i problemi del Paese lo si riscontra, anche, sul versante dell'ordine pubblico e sulla gestione dell'immigrazione; abdicare al ruolo sociale su questi temi da parte dei soggetti deputati alla risoluzione di simili problematiche non fa che acuire lo stato di malessere e il disagio degli operatori spesso impiegati in attivita o servizi impropri se non del tutto anomali. Volendo fare solamente un paio di esempi: vedasi il versante "casa e sfratti" e la quotidiana attività esclusivamente burocratica attinente al rilascio dei permessi di soggiorno per gli stranieri extracomunitari.

A queste " donne e uomini in divisa " che servono il nostro Paese non viene peraltro offerto un articolato modello di progressione di carriera e retribuzione, una adeguata formazione professionale come la revisione contrattuale delle indennità accessorie ferme al 2009 i cui compensi - derivanti da una giornata di servizio festivo magari svolto presso uno stadio -, si equivalgono con il costo di una colazione al bar.

È purtroppo triste ma necessario affermare che la logica imposta con le pesanti manovre economiche di stabilizzazione dei conti pubblici che da oltre otto anni hanno ridotto il budget per la sicurezza, riducendone gli organici e colpito gli stipendi degli operatori costituiscono le uniche inique misure messe in campo fino ad oggi le cui conseguenze colpiscono soprattutto lavoratori e cittadini.

Fino ad oggi si è solamente pensato a tagliare linearmente la spesa (senza risolvere sprechi ed improduttività) riducendo la qualità e la quantità del servizio, mentre il fabbisogno di sicurezza e la sua domanda sono esponenzialmente aumentate.

Continuare a concepire la sicurezza del Paese senza una visione competente e seria e' un comportamento da irresponsabili. Serve un progetto di sistema capace di preservare la professionalità esistente in una logica di riorganizzazione delle forze in campo che parta da concreti obiettivi quali la messa in sicurezza del territorio attraverso una più responsabile presenza di contingenti capaci di garantire il controllo di Citta e periferie con nuovo personale in un'ottica tesa a preservare "ovunque" la legalità e la sicurezza delle persone.

Va rivista anche la stessa attività di intelligence potenziando adeguatamente gli apparati sia dal punto di vista degli organici sia rispetto alla dotazione di nuove tecnologie e supporti con l'accesso a più banche dati e con un migliore interscambio di natura info-iinvestigativa unendo le forze in campo evitando doppioni e conflitti. In questo senso la presenza delle forze dell'ordine in quelle aree del Paese dove l'indice di criminalità organizzata e' elevato ci deve far riflettere sulla "militarizzazione del territorio" che non può mai costituire risposta organica e strutturale alle criticità irrisolte nel tempo derivanti dal fallimento di progetti che dovevano, soprattutto nel sociale, fornire risposte concrete e durature.

Noi, del Silp Cgil, non invochiamo libri bianchi per la sicurezza bensi progetti che abbiamo un'idea di sicurezza alta incominciando con il riparare ai tanti danni che la politica ha commesso in questi anni. Un esempio tra tutti il reclutamento degli agenti di polizia che un tempo avveniva dalla società civile con il conseguente processo formativo del sistema di polizia. Oggi non è più tale visto che da almeno quindici anni una parte importante del personale entra in polizia dopo aver fatto un’esperienza di tre/sei anni in un corpo militare, spesso in luoghi segnati da vere e proprie guerre.

La politica, che ha generato tutto questo, dovrebbe pertanto operare una riflessione in tal senso considerato che questi uomini e queste donne, oggi nelle forze dell'ordine, hanno ricevuto un imprinting di tipo militare. Entrare in un contesto di tipo civile e ristrutturare le loro identità non è cosa facile. Tutto questo comporta, anche, una maggiore difficoltà gestionale volta a contenere l’aggressività e le subculture che inevitabilmente si formano, come certi episodi di uso sproporzionato della forza e di una violenza arbitraria.

Un simile problema esiste ed è oggi risolvibile solamente attraverso un reale cambiamento di rotta, con una formazione attenta ed un modello organizzativo competente e accurato. L'assenza di una visione politica illuminata e di un allargamento della cultura della società civile sul tema che stiamo trattando costituisce, purtroppo, il vero limite del problema.

 

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