(AGENPARL) – Roma, 4 mar 2017 – I poliziotti del Silp Cgil ieri sono scesi in piazza davanti alle Questure in tutta Italia con un volantinaggio e il prossimo 15 marzo, assieme ai penitenziari Cgil, terranno un presidio e un Sit-in a Montecitorio. Facciamo il punto con il segretario generale del Silp Cgil, Daniele Tissone (nella foto con la cravatta rossa).
Tissone, come è andata la mobilitazione?
“Benissimo. Da nord a sud siamo scesi in piazza in tantissimi per
informare i colleghi, sensibilizzare la nostra Amministrazione e tramite
essa mandare anche un messaggio al Governo. Ci siamo riusciti, ma non
ci fermiamo. Il 15 marzo, assieme alla Fp Cgil Polizia Penitenziaria,
saremo in piazza Montecitorio a Roma”.
Perché avete deciso di protestare?
“Il Consiglio dei ministri ha recentemente dato via libera ad un
provvedimento, il riordino interno delle carriere, previsto dalla
riforma Madia, che doveva costituire una grande occasione per riformare
il percorso professionale dei poliziotti e dare più efficienza,
garantendo anche maggiore sicurezza ai cittadini. Così non è stato. La
cosa grave è che, grazie alla battaglia del sindacato che ci ha visti
protagonisti, abbiamo portato a casa per questo riordino 977 milioni di
euro. Per una volta, dunque, i soldi ci sono. Quello che non va è il
decreto che si è deciso di approvare”.
Ci sono margini per migliorare il testo?
“Assolutamente sì perché sono previsti dei passaggi parlamentari. Per
questo siamo mobilitati e abbiamo proclamato lo stato di agitazione
della categoria che è destinato a proseguire proprio a Montecitorio, per
pungolare deputati e senatori. Abbiamo poliziotti che da oltre 20 anni
sono ‘imbrigliati’ nel loro ruolo perché non hanno avuto la possibilità,
contrariamente ad altre forze dell’ordine, di svolgere concorsi
interni, di crescere professionalmente. Abbiamo gente che lavora in
polizia da una vita e che non ha mai avuto la possibilità di fare un
percorso interno di carriera adeguato, abbiamo colleghi laureati che
vengono frustrati nelle loro aspirazioni. Tutto questo è assurdo”.
La questione del riordino si intreccia con quella del bonus 80 euro.
“Ovviamente. Fin da quando è stato introdotto dal governo Renzi, il Silp
Cgil ha chiesto la stabilizzazione di questo beneficio che ha natura
provvisoria e soprattutto non è pensionabile. Le risorse notevoli che
abbiamo ottenuto per la riforma dei ruoli e dei qualifiche avrebbero
dovuto primariamente risolvere questo problema. Noi abbiamo chiesto la
garanzia di un aumento netto di 80 euro a partire dal ruolo agenti
proprio perché entro fine anno il bonus è destinato a terminare”.
I 977 milioni sono sufficienti per stabilizzare il bonus e fare il riordino?
“Se utilizzati bene, sì. Questo fino ad oggi non è avvenuto. La garanzia
degli 80 euro netti di aumento e la stabilizzazione del bonus, per noi
condicio sine qua non, può avvenire con un provvedimento che bilanci la
riparametrazione, cioè l’incremento degli ex livelli relativi alle
singole qualifiche, e la defiscalizzazione. Nei mesi in cui siamo stati
al tavolo con la nostra Amministrazione abbiamo chiesto con forza questa
garanzia che ci è stata data solo a parole. Il provvedimento approvato
dal Cdm non la contiene”.
Perché avete deciso di uscire dal cosiddetto “cartello” dei sindacati di polizia?
“La prima richiesta di un sindacato è quella di ottenere le risorse. In
uno degli ultimi comunicati congiunti sottoscritti davamo atto al
Governo di aver mantenuto gli impegni per il riordino proprio in
relazione alle risorse. Mai abbiamo avallato questa riforma dei ruoli e
delle qualifiche, almeno finché il Silp Cgil ha apposto la propria firma
ai documenti unitari. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Quando
il provvedimento si è concretizzato, quando abbiamo capito che le nostre
richieste non sarebbero state accolte, abbiamo deciso di mobilitarci da
soli. Altri non erano d’accordo. Per noi è stata una scelta di
coerenza, soprattutto per i nostri iscritti che ce lo chiedevano.
Rispetto chi è rimasto nel ‘cartello’, ma non posso condividere la linea
del “Tutto va ben, madama la marchesa”.
Può farci un esempio?
“Prendiamo la qualifica degli assistenti capo. Parliamo di 42.000/43.000
persone, i più ‘anziani’ del ruolo base, quelli che da anni mangiano
polvere in strada, in volante, nei servizi di ordine pubblico. I loro
parigrado delle altre forze dell’ordine sono diventati brigadieri già
negli anni passati con una procedura concorsuale interna che valorizza
le professionalità e i titoli. In polizia questo non è avvenuto
soprattutto per l’inerzia della nostra Amministrazione che non ha
bandito per anni i concorsi. La nostra richiesta unitaria era quella di
farli accedere, col riordino, al ruolo superiore di sovrintendenti.
Invece nei prossimi 5 anni meno di 20.000 avranno questa garanzia e una
buona metà non diventerà mai sovrintendente perché andrà in pensione.
Noi questa scelta non l’abbiamo condivisa, altri hanno deciso di tenerla
per buona”.
Altri esempi?
“Ce ne sono tantissimi. Penso ai sovrintendenti che non avranno la
possibilità di una carriera aperta, come in altre forze dell’ordine, per
accedere alla qualifica superiore. Penso ai tanti ispettori e alle loro
varie qualifiche, alle frustrazioni di quelli con più di anni di
servizio fino alla rabbia dei più giovani che sono laureati. Penso anche
all’irrilevanza che hanno sempre avuto i titoli di studio da noi,
abbiamo gente laureata in tutti i ruoli – dall’agente all’ispettore Sups
– che rischia di non essere mai valorizzata. Per anni è stata
addirittura disattesa una legge, quella dell’attuazione del ruolo
direttivo speciale. Il riordino ad oggi non risolve nessuno di questi
problemi”.
Quali miglioramenti sperate di ottenere?
“Soprattutto per quel che concerne la cosiddetta ‘fase transitoria’,
destinata a durare alcuni anni, ci possono essere aggiustamenti
importanti sugli assistenti capo e sui sovrintendenti. Bisogna fare
giustizia anche per quel che riguarda gli ispettori: alcune qualifiche
rischiano di essere tra le più penalizzate. La nostra Amministrazione
non ha avuto la forza di battere i pugni al tavolo interforze, quello
dove si dovevano confrontare gli effetti del riordino anche con gli
altri corpi dello Stato”.
Che cosa succederà dopo il 15 marzo?
“Come Silp Cgil cerchiamo e cercheremo di lavorare a livello politico e
istituzionale, oltreché con la nostra Amministrazione, per cercare di
far apportare in Parlamento alcune migliorie. La nostra azione di
pressione e di mobilitazione tenderà a crescere o meno alla luce delle
novità che verranno fuori”.
Sullo sfondo c’è anche la partita del contratto di lavoro.
“Assieme alla Fp Cgil e alla Cgil siamo stati i primi a chiedere la
riapertura dei tavoli, visto che siamo in attesa di un contratto da 8
anni. Recentemente si sono ‘svegliate’ anche altre organizzazioni
sindacali, unendosi a noi in questa richiesta. Meglio tardi che mai. Il
ministro Madia, rispondendo alla Cgil, ha annunciato il prossimo avvio
dei tavoli di rinnovo contrattuale. Staremo a vedere. Una cosa è sicura:
dal riordino al contratto, noi non molliamo!”