Un mestiere difficile. Gli operatori in divisa conoscono davvero tutti i rischi penali, disciplinari e amministrativo - contabili? Il nostro approfondimento.
I DIVERSI STATUS
Il “poliziotto” rientra in una particolare categoria di dipendenti statali, perché oltre a far parte, insieme a magistrati, professori universitari, membri della carriera diplomatica e prefettizia, militari e forze di polizia, del cosiddetto “pubblico impiego non privatizzato”, è incardinato in un’amministrazione civile ma ad ordinamento speciale.
Da questa sua particolare collocazione derivano diversi ulteriori status, che si sommano a quello di appartenente alla Polizia di Stato, alcuni generali quali pubblico ufficiale, ufficiale o agente di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza, ed altri specifici come, a titolo esemplificativo e non esaustivo, dirigente/responsabile di uffici o singole articolazioni, datore di lavoro, responsabile del servizio di prevenzione e protezione, responsabile del procedimento, direttore dell’esecuzione del contratto, responsabile del trattamento dei dati, consegnatario, etc.
Ad essi conseguono profili di responsabilità di diversa natura, penale, disciplinare, civile, amministrativa contabile.
LA NATURA DELLE RESPONSABILITÀ E RELATIVE CONSEGUENZE
Per fini meramente riepilogativi e di sintetico inquadramento della materia vanno prese in considerazione principalmente quattro forme di responsabilità:
- penale, per reati propri dei pubblici ufficiali, per reati comuni con l’aggravante di abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, per quelli previsti della cd. “legge di riforma” (L. 121/81) e da altre leggi speciali;
- disciplinare, per la violazione del regolamento di servizio e di altre norme e doveri di comportamento, cui è tenuto l’appartenente alla Polizia di Stato ai sensi del D.P.R. 25/10/1981, n. 737 “Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti.” non di rado in connessione con un procedimento penale;
- civile, genericamente riconducibile al cd. “risarcimento dei danni”, è di tipo indiretto in forza del disposto del secondo comma dell’art. 28 della Costituzione contrattuale, poiché è lo Stato che in prima istanza è responsabile verso i terzi per gli atti compiuti da funzionari e dipendenti - secondo un principio analogo alla responsabilità oggettiva per rischio d’impresa ex art. 2049 c.c. – salve le valutazioni della Procura della Corte dei Conti, di cui al prossimo capoverso;
- amministrativo-contabile, ovvero la responsabilità per danno erariale, giu- risdizione della Corte dei Conti, con una casistica ampia e variegata, sia “interna” relativa alla sorte di beni e documenti dell’ente pubblico ricevuti e/o detenuti in ragione del servizio o dell’incarico, come pure “esterna” per il danno all’immagine subito dall’am- ministrazione a causa della condotta illecita del dipendente o per le somme corrisposte a terzi quale risarcimento danni in caso venga ravvisato il dolo o la colpa grave nel comportamento del soggetto agente.
A tal punto non appare superfluo prospettare che spesso vengono attivati procedimenti in più sedi, sia giudiziarie che amministrative, di frequente connessi o interdipendenti, i cui evetuali esiti negativi hanno, nei riguardi dell’appartenente, ricadute di diverso tenore.
Prevalentemente patrimoniali per la responsabilità civile e amministrativo contabile, mentre per quella penale o disciplinare, al di là delle considerazioni sui casi estremi di limitazione della libertà personale, ci possono essere gravissime conseguenze ricadenti sul rapporto di servizio/lavoro, come in extrema ratio la destituzione, non solo nell’ovvio ed in inevitabile caso di condanna con interdizione perpetua dai pubblici uffici, ma anche in presenza di formule di definizione del giudizio diverse da una netta pronuncia di non colpevolezza quale l’assoluzione con formula piena, in particolare nell’ipotesi di archiviazione, di non doversi procedere per intervenuta prescrizione non rinunciata o di remissione di querela.
Infatti gli atti giudiziari, su cui non vi è stata pronuncia de nitiva o ancora peggio una condanna con successiva prescrizione, possono venire acquisiti ed utilizzati in sede disciplinare, per cui i fatti e le circostanze, in essi riportati e divenuti di di cile confutazione, potrebbero essere valutati ed apprezzati secondo canoni diversi da quelli giudiziari ed in particolare alla luce delle prime quattro previsioni destitutorie dell’art. 7 del D.P.R. n.737/81, di portata espressamente qualitativa ed ampiamente discrezionali, quali:
- per atti che rivelino mancanza del senso dell’onore o del senso morale;
- per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento;
- per grave abuso di autorità o di ducia;
- per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all’Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati.
Pertanto il rischio per il poliziotto di essere denunciato o citato in giudizio, a causa del servizio o in ragione dei propri status, e quindi incappare in disavventure giudiziarie è assai elevato.
PREVENZIONE E RIDUZIONE DEI RISCHI
Se di fronte ai fatti commessi con dolo non vi può essere alcuni giustificazione o limitazione della responsabilità e delle relative conseguenze, negli altri casi, senza incorrere nella “polizia difensiva”, mutuando l’espressione da quanto avviene in campo medico, devono essere adottati i generali principi di prevenzione, quali la professionalità, la correttezza, l’attenzione, la ponderazione e precisione nei comportamenti, la scrupolosa ed oggettiva documentazione delle attività svolte, il costante aggiornamento ed addestramento con tecniche sempre più sofisticate.
Vi sono, inoltre, strumenti giuridici di tutela e limitazione del rischio di varia tipologia: previsti dalla legge e di fonte contrattuale, quest’ultima sia a titolo collettivo che individuale.
Rientrano nella prima specie gli istituti ex lege della cd. tutela legale, operanti quando viene attivato un procedimento giudiziario a carico di un appartenente alla Polizia di Stato:
- articolo 18 della Decreto Legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella Legge23 maggio 1997, n. 135 (ope- rante per tutti i dipendenti statali);
- articolo 32 della c.d. Legge Reale del 22 maggio1975 (specifico per ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica).
Nella seconda categoria sono ricomprese:
- la cd. “copertura assicurativa”, ovvero i contratti, recentemente stipulati dal Fondo di Assistenza per il personale della Polizia di Stato con risorse finanziarie provenienti dal contratto di lavoro, per la copertura assicurativa dei rischi e tutela legale inerenti alle responsabilità connesse allo svolgimento delle attività istituzionali del personale della Polizia di Stato;
- le assicurazioni collettive sottoscritte dai sindacati con fondi propri a favore degli scritti;
- le polizze accese dai singoli con onere personale. ■