Se il "populismo diventa il metodo, siamo lontani da fare gli interessi di chi rappresentiamo".


Prendo " a prestito " le recenti parole di Umberto Eco che invitava la nostra Stampa a dedicare almeno due pagine giornaliere all’analisi di siti web (così come si fanno recensioni di libri o di film) indicando quelli virtuosi e segnalando quelli che veicolano bufale o imprecisioni.
Secondo l'autore del " nome della rosa " tutto questo costituirebbe "un immenso servizio reso al pubblico".
In merito, se penso a casa nostra, immagino che un simile insperato aiuto gioverebbe, di certo, anche ai tanti nostri colleghi "costantemente pervasi" da siffatta disinformazione che utilizza argomenti e notizie decisamente contraddittori o, peggio ancora, artatamente falsi.
Contrastare la "pressante disinformazione sui temi prettamente sindacali e non solo" non è la cosa più facile del momento soprattutto quando "chi solleva il polverone è colui il quale, un attimo prima, ne ha acceso la miccia".
A questo proposito il populismo ci insegna che per meglio argomentare le nostre tesi è necessario crearsi un'identità specifica, un leader, come dei "nemici" verso i quali indirizzare strali o responsabilità varie. Anche la demagogia aiuta, in tal modo si inventano slogan o frasi che dividono, guarda caso, le persone in: "noi e loro".
È il gioco più antico della nostro tempo che si alimenta da se fino a che le persone non trovano un attimo di pausa per riflettere seriamente ragionando sul merito delle singole questioni.
Demagogia e' affermare, per esempio, che esiste un partito dell'anti-polizia, magari cosi si può ragionevolmente pensare che esiste anche un partito pro-polizia (la logica del "noi-loro").
Tutto ciò, in un Paese normale, turberebbe chiunque perché la Polizia - in un Paese democratico - non è di certo appannaggio della tale coalizione ne', tantomeno, di un'idea o di un partito politico.
"Il ddl relativo all'introduzione nel nostro ordinamento del reato di tortura punisce pesantemente gli abusi delle forze dell'ordine": anche questa affermazione che fa immaginare che vi siano dei "nemici" che si vendicano delle forze dell'ordine trascura la storia del perché e del percome nasca l'esigenza dell'introduzione, nel nostro ordinamento, di un reato che esiste quasi ovunque nel mondo e che, in molti casi, assume connotazioni giuridiche ben più rilevanti rispetto a quelle attualmente in discussione in Italia e già questo dovrebbe dirci qualcosa.
"Bufale, Baggianate,Truffe, Bugie, Scemenze..." e tanto d'altro sono, invece, le parole d'ordine che sconfessano l'operato altrui come, per esempio: (non vi verrà mai sbloccato il tetto salariale); (se sblocco vi sarà lo pagherete con la riduzione di questo o di quello); (il fondo sarà sicuramente inferiore rispetto al passato);(questo riordino è una truffa) etc etc.
Poco importa se, invece, tante cose si concludono, come si sono concluse nel passato, e in modo ben diverso da quello gufa-mente annunciato. Ciò che veramente conta è, in ogni caso, sconfessare-sbugiardare l'altro - a prescindere-; meglio sarebbe, a parte il rispetto verso l'altro, condurre semplicemente le proprie battaglie sindacali -queste si che meritano rispetto- nel solo nome dei molteplici diritti dei colleghi.
Si possono anche avere idee diverse ma la tutela dei diritti dei lavoratori e' l'unica "cosa che realmente conta" e ci si deve sempre misurare essenzialmente su questo.
Credo perciò che noi si debba sempre e comunque "osare" guardando lontano cercando di strappare, ogni giorno, qualche diritto in più salvaguardando sempre l'esistente, con dignità ma senza mai esporre la nostra categoria alla demagogia spicciola del momento che, al contrario, danneggia non poco le donne e gli uomini in divisa che hanno il compito di garantire, super partes, il diritto alla sicurezza dei cittadini.
Il nostro compito e' pertanto quello di lottare, magari in silenzio, mantenendo sempre integri i valori per i quali, con spirito di servizio, ogni giorno, affrontiamo il nostro lavoro anche e soprattutto nella veste di rappresentanti dei lavoratori. Chi rappresentiamo si aspetta da noi questa responsabilità e questo dovere che deve, per noi, riguardare sempre più ciò che facciamo come ciò che proferiamo.

Roma 11 luglio 2015

 

Daniele Tissone Segretario Generale Silp Cgil

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