Sicurezza/ *Sicurezza, videosorveglianza out in diverse zone calde Napoli

Dal 2006 realizzato solo parte quanto era in Patto sicurezza

 

Roma, 28 set. (askanews) - "Napoli con la sua provincia diventerà

la prima area italiana, interamente videosorvegliata". Ad

annunciarlo, nel 2006, uno dei predecessori del ministro

dell'Interno, Angelino Alfano, nel capoluogo partenopeo

presentando il Patto per la sicurezza.

 

Nove anni dopo, la situazione appare ancora lontana

dall'obiettivo: almeno due terzi delle videocamere di

sorveglianza 'intelligenti' che dovrebbero essere gli 'occhi'

sulla sicurezza a Napoli sono fuori uso: su 238 telecamere

installate nella zona della stazione centrale e nei quartieri San

Ferdinando, Vomero e Arenella addirittura la metà (120) sono

spente. Telecamere fuori uso nelle zone 'calde' della città dove

c'è ormai una nuova emergenza criminalità dopo l'ultimo episodio

di sangue culminato nel grave ferimento di Nicola Barbato, il

poliziotto della squadra mobile ferito gravemente nella

sparatoria avvenuta in via Leopardi nel quartiere Fuorigrotta.

 

Il sistema di video sorveglianza integrato a Napoli è un progetto

compiuto solo a metà. Fu annunciato nove anni fa, dal ministro

dell'Interno dell'epoca, Giliano Amato. Era il 3 novembre 2006,

Amato firmò nel capoluogo campano il Patto per la sicurezza con

gli enti locali. "Napoli con la sua provincia diventerà la prima

area italiana interamente video sorvegliata: un sistema di

telecamere collegate alle sale operative delle forze dell'ordine

monitorerà 24 ore su 24 le strade della città  e dei Comuni

limitrofi, la tangenziale, i raccordi autostradali, le scuole",

si legge nel documento firmato dall'allora titolare del Viminale.

Nel Patto per la sicurezza era anche indicati i tempi di

attuazione: entro sei mesi.

 

Dal 2006, sui progetti previsti per la realizzazione della rete

di videosorveglianza dal Patto per la sicurezza si sono

verificati alcuni intoppi: dalle inchieste della magistratura

partenopea sull'utilizzo dei fondi Pon ai tagli dei vari governi

che si sono succeduti al comparto sicurezza e poi la spending

review.

 

Come mai un numero così altro di telecamere inattive nella città

dove c'è una emergenza criminalità? "La riparazione delle

telecamere guaste richiede costi elevati e spesso rimangono

cieche - afferma il Silp Cgil - perchè i costi di manutenzione

sono elevati". Per il segretario del sindacato, Daniele Tissone,

sulla sicurezza "bisogna tornare a investire ma non a parole:

servono i fatti".

 

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