"La Sicurezza che serve al Paese."

Editoriale del Segretario Generale Daniele Tissone

 

 

Nel corso del Comitato Direttivo Nazionale del Silp Cgil svoltosi il 18 u.s. abbiamo espresso, a nome del Silp Cgil, tutta la nostra Vicinanza al popolo francese ai lavoratori e alle forze di Polizia d'oltralpe cui spetta un difficile compito nel presente come, nel futuro. La strage di Parigi ha svelato, purtroppo, la Babele del sistema informativo dei Paesi occidentali. Polizie e servizi di sicurezza faticano a scambiarsi dati e informazioni in tempo reale. Il flusso di notizie, come ha recentemente scritto il quotidiano La Repubblica, non funziona o funziona male, si tratta di un handicap del sistema informativo della sicurezza europea di cui gli uomini del Califfo sono ben consapevoldi capaci di approfittarsene per sgusciare tra i buchi che si aprono tra le maglie dei controlli.

Ancora oggi il quotidiano La Repubblica titola: "Ecco il quadrilatero del terrore che ha beffato i Servizi europei. In Italia anche un terzo kamikaze." tutto ciò avviene a pochi giorni di distanza dalla circolare firmata dal nostro Capo della Polizia con la quale si innalza il livello dei controlli e della vigilanza estendendo la stessa anche ai c.d. "Luoghi affollati" innalzando l'allerta ad un livello superiore rispetto, anche, a quello di dieci anni or sono, all'indomani degli attentati di Londra e Madrid. Tutto questo ci dice che i "fatti parigini" muteranno - non poco - anche i futuri assetti sul versante della sicurezza in Occidente, in Europa noi compresi.

Già con il decreto legge 7/2015, convertito con modifiche dalla legge 43/2015, all'indomani dei primi attentati in Francia veniva, come ricorderete, istituita, nel nostro Paese, la “Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo” con l'introduzione di nuove fattispecie di reato più adatte a fronteggiare la dinamica realtà del jihadismo. In ordine di tempo si tratta dell’ultima risposta normativa italiana all’emergenza terrorismo. Un "parallelismo simile" lo vivemmo nel periodo della lotta al terrorismo, come non ricordare le leggi speciali quali la " legge Reale, cioè la numero 152 del 22 maggio 1975, che aveva, come titolo: “Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico” e che deve il nome con cui è ricordata al suo principale promotore, Oronzo Reale.

Ecco cosa scriveva Giovanni Bovio sul Corriere della Sera il 4 Maggio 1975: " La situazione è di emergenza e come tale non può essere affrontata che con provvedimenti di emergenza [...] La rinunzia che quindi siamo costretti a fare ad una fetta della nostra indipendenza, la sottoposizione di ognuno ad un aggravio di controlli, il ridare vita ad istituti caratteristici del regime di polizia è il duro prezzo che bisogna pagare per ripristinare l'ordine, per liberarsi dalla paura dei fuorilegge, dai vandalismi degli esaltati, dal terrorismo dei fanatici..."

Ma veniamo alla giornata di oggi dove, sulla stampa si legge: " Alfano, in Italia si può stare tranquilli ma la nostra privacy sarà ridotta. Quando si rientrerà in Europa ci saranno più controlli: saranno esaminati eventuali precedenti penali [...] una compressione della privacy sara necessaria per avere un livello maggiore di sicurezza.". È' evidente che, come allora, siamo in presenza di una "nuova sfida dai contenuti inediti e cruenti che non riguarda - questa volta - solamente il nostro Paese ma che, come nella lunga stagione dell'estremismo dal 1977 in avanti, porterà il nostro Paese a porsi nuovi interrogativi, domande alle cui risposte si dovra' far fronte, scusate il bisticcio, con un nuovo “fronte della legalità”.

35 anni fa gioco' la responsabilità attiva: del mondo sindacale, della politica democratica, di una parte, importante, dell'opinione pubblica.Anni di piombo li chiamammo, ma fu pure anche la stagione che portò al movimento per l'efficienza democratica della polizia, al sindacato, alla riforma, alla legge 121 del 1981.Luciano Lama, la sua biografia, segnata dall’aver schierato i lavoratori “dalla parte giusta”. Imperversò la polemica, la mobilitazione la solidarietà, e tanti lutti ma tutto ciò ebbe fine come finirà, di certo, anche questo "nuovo terrificante mito intriso, anch'esso, di odio e violenza."

Sempre procedendo con un raffronto con quel periodo, credo siano però assenti oggi: un chiaro indirizzo politico-istituzionale che coinvolga anche l'Europa; una conoscenza reale dei fenomeni e una polemica culturale impegnata;un’adeguata interpretazione da parte dei molti soggetti che possono contrastare il fenomeno con un approccio competente su questi delicati temi. Serve oggi che la politica -da tempo smarritasi rispetto a questi temi - agisca sul piano della concezione di un disegno istituzionale adeguato alle sfide che abbiamo innanzi.

Occorrono delle mete alte per il sistema di sicurezza pubblica, che le persone sviluppino, in coerenza con il loro progetto di professionalità, di valori, di aspettative della dignità della funzione ascoltando le istanze degli operatori che, attraverso le organizzazioni sindacali di categoria, possono indicarne le mete, e corredarle da un programma istituzionale coerente, è una necessità primaria che coniuga le esigenze dei singoli con i bisogni della collettivita. Non un mero tema “tecnico” di revisione della spesa. Necessita un urgente disegno coordinato per la polizia negli impegni che la lunga stagione ci prepara, anche per l'Italia.

Del resto anche la recente crisi, che non è solo economico-finanziaria, ha portato con sé tensioni di vasta portata e dalle inedite implicazioni: che si ha il dovere di affrontare con una visione in positivo perché, non lo dimentichiamo, lavoro e sicurezza sono, nella "classifica dei bisogni", sempre al primo o al secondo posto rispetto alle criticità più sentite tra i cittadini del npstro Paese. La sicurezza pubblica, funzione fondativa dello Stato moderno, può (e penso perciò debba) proporsi quale risorsa primaria per contribuire alla coesione nazionale, al recuperato ruolo con le forze dell'ordine a sostegno di comportamenti “proattivi” che sono necessari per uscire dall'attuale incerta fase. Perché essa può divenire un’opportunità per la funzione democratica di polizia. Se quest’ultima è interpretata come un orizzonte, uno sforzo professionale, una elaborazione del progetto di servizio che interpella le professionalità dell’Amministrazione. In sostanza, la deontologia professionale del servizio mostra quanto e come la “comunità degli operatori di polizia” può contribuire – anche grazie alle sue rappresentanze associative sindacali – alla coesione del nostro paese fronteggiando quegli stessi pericoli che oggi sconvolgono il mondo occidentale. C’è l’Amministrazione e c’è la personale responsabilità: alla prima spetta l’indicazione delle mete; alla seconda la coltivazione delle abilità operative e del significato morale dell’impegno istituzionale.

In questo senso si può proporre il concetto, alla F. D. Roosevelt, della sofferenza delle persone (e lo stato di insicurezza è una sua matrice) quale problema pubblico che si rivolge a tutto ciò che attiene alla funzione di garanzia dello Stato.Il controllo sociale, che si realizza per il tramite del sistema di sicurezza pubblica, significa quindi una risposta positiva ad alcuni aspetti (tutt’altro che secondari) della sofferenza delle persone accentuata dalla crisi e dalle minacce.. Non solo perché ogni stagione di crisi accentua il conflitto e le tensioni, ma anche perché nella crisi si evolve la stessa domanda di sicurezza dei cittadini.Se si conviene con questi concetti, è ovvio che occorre coltivare la propria professionalità ed esaltare la dignità della funzione che si è chiamati a svolgere.

Il tema diviene così trasversale: nella deontologia e nella riflessione che essa richiede sempre, nella cura dedicata alla propria professionalità, nella contribuzione alla creazione di valore pubblico.Nella sicurezza quale valore pubblico da generare e rendere disponibile, le professionalità dello Stato dedicate alla difesa dal crimine e alla tutela dei beni comuni – siano essi materiali o immateriali – della società italiana, riversano la loro competenza tecnica e lo studio scientifico che la corrobora. La formazione può chiarire ad esplicitare (e non è mai la ripetizione di un concetto acquisito) il fine istituzionale alto. E’ opportuno pero' partire da loro, uomini professionisti maturi, alla prova di una stagione che richiederà virtù, sacrifici, intelligenze, responsabilità attive, capacità creative di soluzioni. Insomma si tratta di combinare (come sempre quando si vuole coltivare un progetto alto di fuoriuscita da ogni tipo di crisi) le risorse di controllo con le risorse di creatività.

Sopportazione di fronte a continue sfide e provocazioni; capacità di comprendere il gioco delle parti; abilità di interpretare i “copioni” che ogni crisi propone ai gruppi sociali e ai singoli; risolutezza nel comprendere le dinamiche delle disfunzionalità, delle spinte al ritorno indietro, delle arretratezze che ripropone la crisi morale: il servizio di polizia è investito da un bisogno sociale fondamentale, la sicurezza.Oggi appare necessario concepire la sicurezza pubblica quale precondizione per affrontare con razionalità ogni tipo di emergenza consapevoli che esse tendono sempre ad interrompere l'ordinario e, quindi, processi a medio lungo termine tesi ad ammodernare ed efficientare gli apparati stessi in una lotta che vede prevalere le"ragioni dell'emergenza" come trentacinque anni orsono. E qui serve mantenere il punto anche attraverso una rinnovata etica del servizio, una ritrovata visione dello Stato, spingono a studiare, ad aggiornare e a “inventare”: la crisi come sofferenza delle persone e opportunità del cambiamento richiedono che le intelligenze creative si cimentino con questo spazio.

La motivazione fa la differenza, come sempre.Affrontare in positivo anche il sovraccarico di responsabilità è l'unica medicina che può guarire dal rischio di sentirsi schiacciati da compiti terribili che la crisi dell'emergenza renderà sempre più onerosi: ma per far questo non si può sempre e comunque vivere di proclami serve un investimento serio sul medio-lungo periodo che affronti in maniera strutturale tutti i nodi ancora non risolti.

Serve la motivazione che è economica ma non solo. Possibile che non ci si renda conto che la "valorizzazione delle persone" passa anche attraverso il riconoscimento del merito? Sembrerebbe assurdo ma da noi così non è anche perché, se così fosse, i tanti che in questi anni hanno conseguito diplomi e titoli di studio se ne sarebbero avvantaggiati ma, al contrario, nessuna valorizzazione ha permesso loro di capitalizzare gli sforzi compiuti che, si badi bene, hanno comunque contribuito ad elevare la professionalità dei singoli. Se oggi parliamo ancora di carriere lo dobbiamo al fatto che, nel nostro mondo, la considerazione che riceviamo dai cittadini e sicuramente maggiore di quella che un amministrazione da anni miope ha finora riservato ai propri appartenenti vedasi i concorsi mai banditi che, nelle altre amministrazioni, sono proseguiti anno dopo anno.

La stagione nuova che ci attende modificherà certamente anche la sicurezza dentro e fuori al nostro Paese forse anche in termini di riduzione della nostra indipendenza, l'intelligence dovrà specializzarsi sempre più e sarà sempre più strategica anche l'allocazione delle risorse; si giocherà, infatti, un'importante partita in relazione a dove queste risorse andranno -adesso come in futuro- e se una parte di esse perverrà da risorse c.d. interne e, tra i giocatori di questa partita, vi saremo anche noi. Occorrera', pertanto, concepire “nuovi modelli di sicurezza basati sulla qualità” che guardino al futuro con uno sguardo disincantato rispetto all'esistente evitando operazioni di pura facciata a cominciare da quelle che ci costano e che non producono. Siamo consapevoli che, sempre piu, il “modello militare” si affermerà nel campo della sicurezza ma esso va necessariamente circoscritto ad ambiti interni “quali la mera vigilanza degli obiettivi sensibili”. Per noi del Silp Cgil il "modello sicurezza" poggia le proprie basi su di una tipologia civile con diritti sindacali pieni e la consapevolezza che la "mission" del poliziotto e' quella del portatore di un bene-servizio, di una professione alta e di aiuto alle persone.

Siamo pertanto consapevoli che, per il futuro, un modello di sicurezza come questo è possibile perché trattasi del solo veramente sostenibile, un modello nel quale la qualità professionale dei soggetti in campo, deve poter fare la differenza e qui le scelte che faremo oggi risulteranno determinanti in futuro. Adeguare le scelte che faremo ai nuovi scenari farà la differenza e il sindacato non deve cadere nell'errore di non accorgersi dei mutamenti che ci riguardano correndo il rischio di subirne, magari, i nefasti effetti. Serve quindi, come accadde 35 anni orsono, ragionare sempre più sui modelli sostenibili che “costituiscono il portato delle richieste dei cittadini nel campo della sicurezza” osserviamo noi tutti questa sicurezza che cambia, perché non renderla, per quanto possibile, conforme con le esigenze dei nostri operatori e dei nostri cittadini senza cedere nulla in relazione ai diritti consapevoli del ruolo importante che riveste il nostro delicato segmento per la sicurezza dell'intero Paese? Questa è la sfida, noi vogliamo essere noi tra quelli che la rraccoglieranno ora come per il futuro.

 

Roma, 23 Novembre 2015

 

 

 

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