Perché l'attuale  "revisione dei ruoli” non ci soddisfa.

Gli aspetti normativi del progetto di revisione dei ruoli, così come ci sono stati riproposti con l'ultima formulazione presentataci dall'amministrazione, non ristorano in toto le aspettative del personale e, perciò, non ci soddisfano.
Da un simile provvedimento ci aspettavamo, infatti, risultati che fossero in linea con un graduale recupero delle situazioni oggetto di sacrosanta aspettativa da parte di tutto il personale.
Misure finalizzate a "compensare" la ripetuta, cronica assenza di procedure concorsuali e la non alimentazione dei ruoli che, nel loro combinato disposto, hanno determinato una assenza totale di dinamiche interne con oggettive ricadute negative sul versante professionale e di carriera dei singoli come nei confronti del "prodotto sicurezza" da destinare al cittadino.
Nonostante l'aspetto economico sia stato in qualche modo riconosciuto attraverso l'immissione di nuove risorse finora inesistenti che, lo ricordiamo, sono comunque ben lontane da quelle necessarie per la realizzazione di un "vero riordino", l'approccio con il quale si è dato vita alla legge delega Madia non risponde, allo stato, a simili peculiari necessità.
La Madia, così come concepita, appaga infatti ben altre esigenze caratterizzandosi come un provvedimento teso ad uniformare profili di carriera complessivi afferenti l'universalità dell'intero comparto. Profili peraltro profondamente modificatisi nel corso degli ultimi quindici anni che hanno prodotto una sostanziale differenziazione nell'architettura delle diverse amministrazioni con una evidente disparità di trattamento che ha colpito, nello specifico particolare, la Polizia di Stato.
L'ottica di un tale provvedimento aveva infatti lo scopo di adeguare, per il futuro, il profilo di carriera, oltre che della Polizia, anche di tutta la P.A.
Diverso, benché con talune analogie, era un altro finanziamento: quello previsto dalla legge 350 del 2003  finalizzato a provvedimenti normativi volti:
-al riallineamento delle posizioni di carriera del personale dell’Esercito, della Marina, ivi comprese le Capitanerie di porto, e dell’Aeronautica inquadrato nei ruoli dei marescialli con quelle del personale dell’Arma dei carabinieri inquadrato nel ruolo degli ispettori;
-al riordino dei ruoli e delle carriere del personale non direttivo e non dirigente delle Forze armate e delle Forze di polizia;
-all’equiparazione, nell’articolazione delle qualifiche, nella progressione di carriera e nel trattamento giuridico ed economico, del personale direttivo del Corpo di polizia penitenziaria ai corrispondenti ruoli direttivi della Polizia di Stato.
Ripercorrere, per sommi capi, taluni percorsi dell'iter di un provvedimento per tanto tempo atteso da generazioni di colleghi, serve a meglio far comprendere la diversità di approccio delle due norme che "coincidono", peraltro, con situazioni e momenti storici alquanto differenti in relazione al "gap" che andava all'epoca colmato rispetto a quanto, ad oggi, tuttora da sanare.
Non considerando quindi l'attuale delega al pari di un reale strumento di ristoro, tendente a compensare i tanti disagi e le criticità intervenute durante tutti questi anni, pur volendo cimentarci in un tale forzoso esercizio esercitando il massimo sforzo possibile non riusciamo, seriamente, a riconoscere in essa siffatti elementi di cambiamento.
Riteniamo semmai la stessa - almeno fino all'ultima bozza presentataci -, una semplice  “riscrittura”, peraltro incompleta, delle dinamiche di carriera più volte “lacerate” da scelte operate nel passato compresa la mancata attuazione di provvedimenti che la nostra amministrazione non ha mai avuto la forza o la volontà di mettere compiutamente in atto.
Da qui solo alcune  delle criticità che la bozza del decreto legislativo tuttora non sana:
Una corretta equiparazione tra i nostri ruoli e il resto del Pubblico Impiego così come, al contrario, si sta predisponendo per il ruolo dei Funzionari;
Una difesa del modello civile, attraverso l'elevazione dei titoli di studio, che adegui l'accesso al ruolo Ispettori a giovani laureati triennali e non a giovani diplomati con tre anni di corso di formazione (attuale modello militare);
Al recupero, nel più breve tempo possibile, delle vacanze organiche determinatesi dalla mancata attuazione dei concorsi interni, cosa che andrebbe fatta nel più breve tempo possibile e per tutti i ruoli;
Ad un ampliamento (in relazione al mancato recupero dell'istituzione del ruolo direttivo speciale) dei numeri messi a concorso, alla luce degli 800 posti in più previsti per l'Arma dei Carabinieri e dei 350 posti previsti per la G.d.F. prevedendo, analogamente a quanto previsto per i concorsi Sovrintendenti, la retrodatazione giuridica per gli Ispettori a partire dalla data delle singole vacanze.
Così come, qualora il nuovo modello dovesse soddisfare le esigenze della nuova Polizia occorre, senza tentennamenti, assicurarsi con matematica certezza, che vengano sistematicamente banditi concorsi annuali interni per tutti i posti disponibili con garanzie di trasparenza nelle procedure nonché l'adeguamento dei titoli di studio necessari per accedere, dall'esterno, ai ruoli di Polizia.
Con tale percorso non adatteremo perciò solamente la carriera alle mere esigenze anagrafiche ma innalzeremo il livello culturale e professionale del personale uniformandolo con il restante mondo del lavoro, condizione essenziale per un modello capace di coniugare - in futuro - professionalità ed efficienza.

Editoriale del segretario generale del Silp Cgil Daniele Tissone.

Roma, 16 gennaio 2017


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