Silp: contro la mafia serve l'impegno di tutti, non solo delle forze di polizia


20 marzo 2017 ore 12.57


Tissone dopo le due scritte apparse a Locri, in Calabria: "A questa lotta si deve partecipare attivamente da più fronti, non solo dal versante sbirresco"


Nella lotta alla mafia tutti "devono partecipare attivamente, e non solo a parole, perché le mafie si sconfiggono su più fronti, e non solamente sul 'versante sbirresco'". Lo afferma il segretario generale del Silp Cgil, Daniele Tissone, commentando le due scritte apparse a Locri - e subito cancellate - "Più lavoro e meno sbirri" e "don Ciotti sbirro". Le scritte "mi chiamano in causa in quanto 'sbirro' - riflette il segretario - una definizione, questa, che si fa derivare dal tardo latino e che probabilmente è riferita alla casacca o mantello dei guardiani di ronda del Medioevo, termine oggi dispregiativo che, però, ha anche dato spunto ad una molteplice produzione letteraria e cinematografica nonché al libro di Claudio Bachis Vita da sbirro che racconta 'pregi e difetti' di questo ingrato mestiere".

Nello specifico delle due frasi, a suo avviso, la prima "è una ragionevole richiesta a portare il lavoro che manca in quella terra che, come altre del nostro malato Sud, non esiste o quasi. Inoltre, dire meno forze di polizia (usare la terminologia 'sbirri' mi inquieta perché delinea fin troppo bene l'autore della frase stessa), sarebbe altrettanto condivisibile sempre che la "risposta muscolare dello Stato" potesse diventare un'altra rispetto alle molte, tante cose da fare".

Parlando della figura di Don Ciotti, prosegue, "l'averlo accostato a noi non credo gli causerà alcun problema anche perché - volente o nolente-, egli convive ormai da tanto tempo con la nostra gente. Semmai - piuttosto - inquieta pensare che lui faccia o debba 'comportarsi da sbirro', cosa che non fa e di cui non ha bisogno. Semmai c'è da riflettere, interrogandoci, su quanto affermato a Locri dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha sperimentato in prima persona il dolore e che conosce bene il volto della criminalità organizzata". Per Tissone il punto è questo: "Ci riconosciamo nelle sue parole e facciamo ciò che serve davvero per debellare simili piaghe? Mattarella ci ricorda infatti che "i mafiosi non conoscono pietà né umanità, non hanno alcun senso dell'onore, non hanno alcun senso del coraggio, i loro sicari colpiscono persone inermi e disarmate".

"Tra le vittime della mafia non ci sono solo quelli che l'hanno affrontata - afferma infine -, poliziotti e magistrati, consapevoli del rischio a cui si esponevano. Le mafie non risparmiano davvero nessuno e non esitano a colpire chiunque si frapponga a loro e i loro obiettivi criminali, che sono denaro, potere, impunità. Questa è la lezione e la base da dove cominciare, ma per farlo tutti devono sentirsi in gioco".

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Orgoglioso di essere sbirro


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SERGIO MATTARELLA


La Giornata della Memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che si è svolta a Locri alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è stata macchiata da un episodio - le due scritte contro il numero uno di Libera - che dimostra come in quelle martoriate terre molto ci sia ancora da fare per estirpare quel male profondo che si chiama mafia, camorra o 'ndrangheta.


"Più lavoro e meno sbirri" e "Don Ciotti sbirro" fanno leva su un termine spregiativo ("sbirro", appunto) che deriva dal tardo latino e che probabilmente è riferito alla casacca o mantello dei guardiani di ronda del Medioevo. Un termine utilizzato nelle poco "onorate società" e che, come è noto, ha dato anche spunto ad una molteplice produzione letteraria e cinematografica. Basti pensare al libro di Claudio Bachis, "Vita da sbirro", che racconta "pregi e difetti" di questo ingrato mestiere. Queste frasi, ben lungi da spaventare chi, come Libera e come le forze dell'ordine, ogni giorno combatte la criminalità portando a casa risultati importanti, oltre a rappresentare un insulto per chi è morto per contrastare le mafie, rappresentano soprattutto una straordinaria mistificazione che gioca su uno dei problemi più sentiti e gravosi del nostro meridione (e non solo): il Iavoro.


La Calabria è il primo territorio europeo per disoccupazione, con un tasso che raggiunge la punta del 65%. L'idea di chiedere più lavoro e meno agenti potrebbe avere forse una sua ragion d'essere se la risposta dello Stato nel nostro sud fosse solo e soltanto di natura "muscolare". Il problema è che quel "lavoro" che manca è frutto, in primo luogo, di una situazione che si è incancrenita negli anni e che vede il sistema istituzionale, politico, imprenditoriale e sociale colluso, almeno in parte, con chi ritiene di imporre le proprie ragioni usando la violenza.


Una mistificazione doppia se si pensa di aver creato nocumento a Don Ciotti accostandolo all'idea di essere uno sbirro. Egli non ha certo bisogno di comportarsi da "sbirro" perché il suo impegno quotidiano è sotto gli occhi di tutti. C'è da riflettere, partendo da queste ignobili scritte, subito cancellate, sulle parole pronunciare proprio a Locri dal Capo dello Stato, che ha sperimentato in prima persona il dolore di chi perde un familiare in modo tragico. Mattarella, per storia personale e formazione culturale, conosce molto bene il volto della criminalità organizzata. "I mafiosi non conoscono pietà né umanità, non hanno alcun senso dell'onore, non hanno alcun senso del coraggio, i loro sicari colpiscono persone inermi e disarmate": ci riconosciamo in queste parole del Presidente della Repubblica? Tra le vittime delle mafie, infatti, ci sono anche donne e bambini. Gente "innocente". Poliziotti e magistrati sono consapevoli del rischio a cui si espongono, ma tutti gli altri? La vita di chiunque vale zero rispetto al potere e al denaro. Soprattutto rispetto a quel senso di impunità di chi vuol far prevalere le proprie ragioni con i proiettili. Per sconfiggere la mafia dobbiamo davvero combattere tutti insieme, anche nella vita di tutti i giorni e non solo sul versante "sbirresco". A proposito: io sono orgoglioso di essere sbirro.


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Locri. Frasi ingiuriose contro don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. Per Daniele Tissone, Silp Cgil, “tutti devono sentirsi in gioco contro le mafie”

frasi ingiuriose contro don Luigi Ciotti e le forze dell’ordine sono state scritte in nottata sui muri di Locri, dove ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha partecipato alla XXII Giornata della memoria e dell’impegno organizzata ogni anno dall’associazione Libera, di cui Don Ciotti è presidente. Le frasi ingiuriose sono tre e sono state scritte sul muro perimetrale del vescovado, sul muro di un centro di aggregazione e su quello di una civile abitazione dietro una scuola. Le scritte recitano: “Don Ciotti è sbirro”, “Siete tutti sbirri” e “Meno sbirri e più lavoro”. Addetti del Comune hanno già provveduto a cancellarle. Sull’accaduto indagano i Carabinieri del Gruppo Locri, diretto dal tenente colonnello Pasqualino Toscani, e in particolare la compagnia di Locri agli ordini del capitano Rosario Scotto Di Carlo, e la Polizia del Commissariato di Siderno, diretto dal primo dirigente Giuseppe Anzalone.

Tante le reazioni contro l’ennesima provocazione della criminalità organizzata. Il vescovo di Locri, Francesco Oliva ha chiarito immediatamente che  “da queste parti il bisogno di lavoro è fondamentale e lo conosciamo bene da anni, su questo problema vogliamo richiamare l’attenzione per il bene di tutti: ma noi il lavoro non lo vogliamo dalla ‘ndrangheta”. Inoltre, continua l’alto prelato, “Quello che vogliamo è un lavoro degno, che rispetti i diritti degli operai; non il lavoro per il quale si ricorre al capo pastore o al capo cantoniere o al boss di turno”. Monsignor Oliva ricorda a questo proposito “i segnali che sono partiti dalla nostra diocesi attraverso il lavoro delle cooperative”.

Daniele Tissone, segretario generale dei poliziotti della Cgil, il Silp, ha commentato a Rassegna.it: “Le scritte mi chiamano in causa in quanto ‘sbirro’, una definizione, questa, che si fa derivare dal tardo latino e che probabilmente è riferita alla casacca o mantello dei guardiani di ronda del Medioevo, termine oggi dispregiativo che, però, ha anche dato spunto ad una molteplice produzione letteraria e cinematografica nonché al libro di Claudio Bachis Vita da sbirro che racconta ‘pregi e difetti’ di questo ingrato mestiere”. Sulle altre due frasi, secondo Daniele Tissone, la prima “è una ragionevole richiesta a portare il lavoro che manca in quella terra che, come altre del nostro malato Sud, non esiste o quasi. Inoltre, dire meno forze di polizia (usare la terminologia ‘sbirri’ mi inquieta perché delinea fin troppo bene l’autore della frase stessa), sarebbe altrettanto condivisibile sempre che la ‘risposta muscolare dello Stato’ potesse diventare un’altra rispetto alle molte, tante cose da fare”.  A proposito di don Luigi Ciotti, prosegue, “l’averlo accostato a noi non credo gli causerà alcun problema anche perché – volente o nolente-, egli convive ormai da tanto tempo con la nostra gente. Semmai – piuttosto – inquieta pensare che lui faccia o debba ‘comportarsi da sbirro’, cosa che non fa e di cui non ha bisogno. Semmai c’è da riflettere, interrogandoci, su quanto affermato a Locri dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha sperimentato in prima persona il dolore e che conosce bene il volto della criminalità organizzata”. Per Tissone il punto è questo: “Ci riconosciamo nelle sue parole e facciamo ciò che serve davvero per debellare simili piaghe? Mattarella ci ricorda infatti che ‘i mafiosi non conoscono pietà né umanità, non hanno alcun senso dell’onore, non hanno alcun senso del coraggio, i loro sicari colpiscono persone inermi e disarmate’. Tra le vittime della mafia non ci sono solo quelli che l’hanno affrontata – afferma infine -, poliziotti e magistrati, consapevoli del rischio a cui si esponevano. Le mafie non risparmiano davvero nessuno e non esitano a colpire chiunque si frapponga a loro e i loro obiettivi criminali, che sono denaro, potere, impunità. Questa è la lezione e la base da dove cominciare, ma per farlo tutti devono sentirsi in gioco”.

“Le scritte si stanotte a Locri contro Don Ciotti e contro chi si impegna ogni giorno contro le mafie, sono un gesto di vigliaccheria che ci spinge a raddoppiare gli sforzi e l’impegno per la legalità e per lo sviluppo della Calabria”, afferma Celeste Costantino di Sinistra italiana, della commissione parlamentare antimafia. “Niente potrà rovinare il giorno della memoria per le vittime innocenti delle mafie. Noi – conclude Costantino – domani saremo in piazza al fianco di Libera e di tutti coloro che contro le mafie lottano ogni giorno da una vita”.

“La Federazione nazionale della stampa italiana esprime solidarietà a don Luigi Ciotti, all’associazione Libera e alle migliaia di cittadini che in questi giorni sono a Locri per contrastare mafie e corruzione”. Lo affermano, in una nota, il presidente della FNSI, Giuseppe Giulietti, il segretario generale e il segretario aggiunto, Raffaele Lorusso e Carlo Parisi, e il delegato ai progetti per la legalità del sindacato dei giornalisti, Michele Albanese. “Il loro impegno, che ha ottenuto il sostegno e l’incoraggiamento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella -sottolineano-, ha scatenato l’ira e la rabbia di chi ha bisogno del buio e dell’oscurità per realizzare i propri loschi affari e tenere sotto scacco intere aree del Paese”. Proprio per questo la FNSI, d’intesa con il Sindacato dei giornalisti della Calabria, aggiungono, “sarà presente domani a Locri sia per partecipare alla manifestazione nazionale sia per il seminario dedicato alle ‘querele bavaglio’ promosso da Libera informazione. L’auspicio è che giornalisti e società civile vogliano raccogliere l’appello di don Luigi Ciotti e partecipare e riempire la piazza di Locri e le numerose piazze italiane che si collegheranno con Locri alla stessa ora”.


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